Vicinissima a Piazza Garibaldi, la chiesa di S. Vitale è stata uno dei primi luoghi d’ incontro del nascente comune di Parma nel corso del medioevo.

A quei tempi, però, l’edificio religioso era più piccolo con diverso orientamento: il fianco orientale era infatti adiacente a strada Repubblica. Presso la facciata un portico pare potesse offrire rifugio alle riunioni degli uomini del comune, ma bisogna attendere oltre la metà del 1600 per volere la ricostruzione della chiesa operata da una ricca e famosa compagnia che si radunava nell’edificio religioso per ossequiare con le loro preghiere le anime disorientate del Purgatorio e non solo.

La barocca cappella del Suffragio

Correva l’anno 1666 quando i più famosi stuccatori del tempo operanti a Parma, i fratelli Reti, iniziavano a plasmare con le loro mani uno dei più suggestivi altari barocchi della città, su richiesta della compagnia del suffragio ma anche su esplicito volere del priore della stessa, Carlo Beccaria, che colse pure l’occasione di far ritrarre l’immagine del suo volto su una delle statue dell’opera grazie ad un’ incredibile strategia di “marketing”. La compagnia trovò nell’altare parecchie occasioni di culto anche per onorare Maria, al fine di propiziare la liberazione delle anime imprigionate del purgatorio, senza però dimenticare attraverso l’arte la memoria dei molti schiavi che caddero prigionieri durante le innumerevoli guerre che sconvolsero l’Europa seicentesca. Tanti furono i soldi raccolti dall’ordine trinitario sparso per l’Europa, e parecchi dovettero essere gli schiavi liberati grazia al pagamento dei riscatti, ma così come gli schiavi nel corpo necessitavano di libertà, così anche le anime del Purgatorio ne abbisognavano alla stessa maniera. Ogni arredo in chiesa doveva celebrare la liberazione dell’uomo dalle sue schiavitù, nel corpo e nell’anima.

dettaglio di angelo in stucco della cappella

Nel settecento l’abside della chiesa venne restaurata per opera di uno dei più validi artisti del tempo a Parma, il Peroni, che fu incaricato proprio di celebrare con i suoi affreschi il santo titolare della chiesa, Vitale, che nel frattempo divenne uno dei santi più invocati per il culto delle anime purganti. La sua opera doveva ulteriormente valorizzare uno dei più bei spazi barocchi della città e al tempo stesso risaltare l’originaria grande pala d’altare eseguita da Sebastiano Ricci, che l’insaziabile sete d’ arte del governo napoleonico trafugò da Parma come bottino di guerra. L’opera fu poi onorata dai francesi nella chiesa dei Santi Gervasio e Protaso di Parigi, dove tutt’ora rende bella mostra di sé con i suoi fulgidi colori di sapore veneto.

L’abside di S. Vitale
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