Il bello del perdersi a spasso tra i vicoli di una silenziosa borgata appenninica della Val Ceno

Viazzano è un pittoresco borgo disteso in un terrazzo fluviale alla destra del Ceno. Risalendo la statale da Fornovo verso Bardi il paese lo si incontra dopo circa dieci minuti dal capoluogo della media val Taro.

Il pianoro antico, creato dalle acque del Ceno, ospita generosamente il paese ed è quasi abbracciato da un’ ampia curva della strada, che lo sfiora a poca distanza dal greto del torrente.

Il paesello, rannicchiato in un bordo del piano e attorniato da colline, ci appare come la quinta scenografica di un grande e immobile teatro surreale.

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scorcio del borgo

pillole di storia locale

Mentre il geloso asfalto della statale ci invita a proseguire oltre, verso Varano, alcune stradine secondarie ci invitano contrariamente a scoprire le pudiche storie nascoste tra le case in sasso.

Vicoli silenziosi raccontano di viaggi, momenti di pace e violenze. Antico feudo della famiglia Ercolani di Senigallia, poi dei Rossi e dei Venturini, Viazzano fu nell’800 ricordato dal Molossi come la località più fertile del comune di Varano Melegari.

Nei suoi dintorni si potevano inoltre cacciare lepri, pernici e beccacce.

Da queste case partirono uomini e famiglie alla ricerca di fortune o salvezza, come Francesco Valenti che proprio da Viazzano nel 1630 si trasferisce a Selva in Val Taro forse per sfuggire alla peste manzoniana, o forse per consolidare meglio le tante fortune che la famiglia aveva in quella vallata.

I Valenti contribuiranno alla storia di Parma con importanti personalità, al pari di altre famiglie come i Grossardi o i Venturini, che diedero i natali a politici e artisti.

Il palazzo dei Venturini, che si innalza petrigno nella piazzatta quasi al centro del borgo e sormontato da un pittoresco orologio, per molti anni deve aver visto correre e giocare da dopo il 1843 il piccolo Adelchi, dotato pittore di paesaggi di Parma e provincia.

I suoi quadri fanno bella mostra nella Galleria Nazionale di questa città, e uno dei suoi più famosi ritrae il canale del naviglio nelle vicinanze della mura di Parma quando, ancora scoperto, veniva utilizzato dalle lavandaie.

Molte delle vedute del Venturini, però, ritraggono proprio la sua amata Val Ceno e dopo una gioventù trascorsa in viaggi, Adelchi si ritaglierà nel suo palazzo di Viazzano un angolo di quiete e meditazione fin al termine dei suoi giorni.

vicolo che sale verso la chiesa del borgo. Sullo sfondo, Palazzo Venturini

All’origine di tutto…le torri

Famiglie ricche e nobili trovarono quindi ispirazione e sostentamento tra i muri di questo borgo che, pur di antica origine, non avrebbe mai visto il sorgere di un castello.

Ricordato in documenti medievali del X e del XI secolo, Viazzano divenne paese turrito già nel corso del basso-medioevo.

La sua fortuna, però, rimase evidentemente legata alla terra e a ciò che essa poteva regalare sul quel piccolo lembo pianeggiante.

Le case a torre, unità abitative con un evidente sviluppo in altezza, potevano coniugare esigenze pratiche e difensive.

Praticamente tutti questi edifici, in prossimità del tetto, avevano la colombaia, identificabile con cordoli in cotto e buche per i colombi. Severe leggi tutelavano questi volatili: guai ad ucciderli di frodo!

I loro escrementi erano utile fertilizzante mentre la loro carne era all’occorrenza fonte di sostentamento.

Le torri di Viazzano sembrano quindi nascere con marcate esigenze abitative e speculative connesse al territorio e le sue risorse.

Non torri quindi nate con l’intento di combattere i malintenzionati o difendere gli inermi con sanguinose battaglie, ma architetture che rispecchiano una secolare cultura aristocratica legata alla terra.

Un’aristocrazia che ha lasciato a Viazzano pregevoli palazzi rurali, come quello già menzionato dei Venturini, che solo in parte rispecchiano le ben più note residenze urbane.

Rispetto alle città, in questa campagna la torre è quasi sempre presente nelle corti e questo elemento verticale può anche facilmente essere il nucleo d’origine di un complesso più articolato.

Una robusta casa a torre, probabilmente di fine XV-XVI secolo, si erge a pochi passi dalla piazzetta del borgo. Essa mostra le tracce delle finestre più antiche in pietra (segnate in rosso). In giallo è evidenziato una mensola laterizia, posatoio per volatili.

simboli e potere

La torre, come il muro a scarpa di alcuni fabbricati, sono elementi evocativi un’antica nobiltà feudale, che trovava nel castello la difesa e l’espressione del proprio potere.

L’ascesa di nuovi nobili e della borghese troverà occasione di rilancio per la propria immagine ereditando alcuni modi del costruire tipici del mondo feudale.

Un squisito esempio di ciò lo può offrire il bel palazzotto post-medievale, chiuso e compatto, che si erge quasi di fronte la chiesa del borgo.

La sua cortina muraria, chiusa attorno ad una bella torre-colombaia centrale, mostra un muro a scarpa con tanto di cordolo laterizio imitante il toro di un castello medievale, similmente a come è possibile osservare nel castello di Varano Melegari.

Il tutto, visto dalla strada, sembra quasi delineare il profilo di un piccolo castello.

Palazzotto con torre e muro a scarpa

Palazzo Grossardi: architetture e rarità

Il doppio loggiato, forse settecentesco, di Palazzo Grossardi, non trova gli sviluppi ampi e spaziosi dei suoi coevi esempi cittadini, perché rinserrato com’é tra due “ali” laterali dell’edificio è quasi timido nel voler mostrare la sua presenza che, con armoniche proporzioni, ben s’innesta nel paesaggio locale.

Anche in questo palazzo, come in molti altri di Viazzano, una torretta vuole rimarcare la sua esistenza sorgendo appena sopra la linea dei tetti.

Tenui tinte pastellate caratterizzano ancora gli antichi intonaci sbrecciati di casa Grossardi, rimarcando con finti conci decorativi elementi strutturali dell’edificio quali camini, finestre o angoli.

Questi inosservati testimoni del passato gusto decorativo del mondo rurale emiliano resistono ancora strenuamente a numerosi e diffusi tentativi di restyling architettonico contemporaneo, forse un po’ troppo materialisticamente infatuato dello scheletro di un edificio, ossia della sua nuda tessitura muraria.

Anche questo edificio svela, però, nelle pietre del suo lato occidentale il continuo evolversi del tempo.

Dettagli di palazzo Grossardi (clicca su foto per ingrandire). Con linea rossa si evidenzia il primo fabbricato, forse in origine a torre, medievale. Con la linea gialla un antico colmo di tetto a due falde copriva un ampliamento avvenuto prima dell’erezione del loggiato di facciata.

Quasi al centro di questo lato è ben visibile il suo cuore medievale. Si notano ancora le tracce di quello che poteva essere un corpo a torre caratterizzato da conci lapidei squadrati e disposti con molta cura in filari paralleli, tipici del mondo romanico.

Questo primo fabbricato, che doveva essere ancor più sviluppato in altezza, venne poi inglobato in un ampliamento, a sua volta coinvolto in successivi sviluppi volumetrici del palazzo.

Proseguendo lungo la vecchia strada che dalla chiesa del borgo si dirige verso Varano Melegari, ci si allontana da quello che probabilmente era il nucleo più antico del paese, marciando parallelamente all’attuale statale.

la parte occidentale del borgo

La strada offre spaziose vedute su altre case e torri, sempre da ricercare tra i nascosti angoli degli edifici che le attorniano.

La vocazione agricola è sempre dominante: dopo pochi minuti di cammino si nota infatti sulla sinistra una pregevole stalla-fienile della prima metà del novecento.

I mattoni sono ormai seriali, con bordi taglienti e piane superfici riflettenti tipiche dell’oggetto lavorato a macchina, ma non si vuole dimenticare l’abile e tradizionale tecnica lavorativa emiliana del cotto.

I laterizi sono sapientemente tagliati e disposti nelle pareti per ricreare decori lobati o un suggestivo rosone che reca un magnifico motivo floreale tipico della tradizione appenninica.

pregevole stalla-fienile in cotto con artistico rosone. A sinistra, altra torre-colombaia con marcato in rosso mensola-posatoio per uccelli

In fondo a questa strada, sulla sinistra si osserva l’ennesima corte rurale con torre, in questo caso centrale, che alta e snella mostra sul lato opposto gli elementi utili a qualificarla come torre- colombaia.

Sopra il suo tetto, una graziosa altana sembra ancora una volta reinterpretare in chiave rurale un modello architettonico assai diffuso nelle città emiliane almeno a partire dal XVII secolo.

rarità dal medioevo

Ma è di fronte a questa corte, sul lato opposto della strada, che un fienile nasconde invece le tracce di un’altra vetusta costruzione medievale.

Questa, mozzata in epoca imprecisata, svela ai curiosi antichi e preziosi portali.

Proprio a bordo del tracciato stradale, le demolizioni del fabbricato hanno risparmiato un raro portale in cotto connesso a muratura, ancora una volta come per casa Grossardi, di chiaro impianto tardo-romanico.

Questo elemento architettonico, probabilmente trecentesco, rimanda quindi sempre a modelli di chiara ispirazione urbana, con arco laterizio curato sin nei minimi dettagli.

La ghiera in cotto è sormontata da un bardellone che irrobustisce e ingentilisce l’arco, costituito da mattoni finemente levigati e disposti a raggiera.

artistico portale in cotto probabilmente del XIV- inizi XV secolo

Le città d’Emilia occidentale, forse soprattutto Piacenza e Bologna, hanno con orgoglio evidenziato con restauri sin dal XIX secolo queste testimonianze legate a una peculiare e secolare abilità artigianale nella lavorazione del cotto per il medioevo lombardo, qua e là sparse nei muri più vecchi dei nostri palazzi.

E’ questo l’angolo più occidentale del borgo antico, ormai proteso verso Varano Melegari.

La strada prosegue per la case moderne del paese, per poi connettersi con la mulattiera diretta all’amena vallecola del Rio Gherlonzo, giungendo in un paesaggio ormai calanchivo.

Animali del borgo

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