Il volto è una delle prime cose che vediamo di un essere umano. Per alcuni osservare gli occhi di una persona è addirittura come osservare lo specchio della sua anima. Attraverso le espressioni del viso spesso esprimiamo molto più delle parole.
Le case, al pari delle persone, hanno anch’esse i loro volti, coperti da maschere d’intonaco colorato, decori, porte e finestre che solo in parte ci comunicano le speranze e i desideri di chi in esse vi prese dimora. Sin dai tempi più antichi, per diletto e per magia, l’uomo ha sempre cercato di identificare una parte di se stesso nella propria abitazione, e come per il proprio corpo l’ha sempre amata, accudita e protetta.
L’uso quindi di decorare la casa con maschere e cariatidi affonda le sue origini nella notte dei tempi, sebbene nel corso del rinascimento il noto Michelangelo Buonarroti assieme ad altri divenne, anche per pubblicità dello stesso Vasari, uno dei più noti e apprezzati divulgatori di questo vezzo decorativo in età moderna, grazie alla sua coinvolgente opera realizzata nella sagrestia nuova di San Lorenzo a Firenze. È anche grazie a lui se i volti grotteschi e bizzarri, tanto amati dagli artisti che riscoprirono e riportarono “in auge” gli strani decori che caratterizzavano gli affreschi delle antiche domus romane, ora abbandonavano il mondo della pittura per avventurarsi in quello della scultura.
Nella Parma rinascimentale l’espressività lapidea del volto a grottesca ha lasciato testimonianza soprattutto negli arredi di edifici religiosi e su rari palazzi, ma è essenzialmente negli ultimi due secoli che l’architettura ha sbizzarrito la propria creatività nel centro cittadino. Da pacate espressioni di sapore neoclassico a fugaci e rocamboleschi sguardi di Gargoyles, alcune di queste maschere paiono addirittura definirsi con mille foglie o frammenti di carta, quasi a ricordare i lontani lavori dell’ Arcimboldi.
In genere i mascheroni non hanno mai un’identità ben definita. Possono rappresentare generici fauni, demoni o giganti, ma la loro effimera presenza pare voler più che altro incuriosire che spaventare, perchè pur nella loro enigmaticità, queste “oscure presenze” sembrano urlare all’ignaro passante la loro dignità d’esistere.